L’articolo di Cristiana Rogate sul magazine CSR Oggi di Dicembre
Prosegue da anni la nostra proficua collaborazione con il magazine CSR Oggi, prima rivista specializzata nella diffusione di cultura della Responsabilità Sociale di Impresa e che attraverso esperienze, case history e interventi di esperti spiega i significati piu autentici della Sostenibilità.
Cristiana Rogate è componente del Comitato Scientifico della rivista fin dalle sue origini, e sul numero di questo mese ha proposto una riflessione su
“La sfida di una transizione giusta, credibile e partecipata”
Buona lettura!
La sfida di una transizione giusta, credibile e partecipata
Agenda 2030 ONU, Green Deal e Finanza sostenibile, con la recentissima approvazione della Direttiva sulla Corporate Social Reporting Directive da parte del Parlamento europeo, hanno sancito l’entrata a pieno titolo della sostenibilità nelle strategie aziendali, oltre che nelle agende di Governi e istituzioni a tutti i livelli. La sfida della competitività si gioca, dunque, sempre di più sulla capacità delle imprese di innovare i modelli di business, di misurare le performance in modo rigoroso e credibile e comunicare con efficacia il valore ambientale, economico e sociale prodotto.
L’indispensabile transizione deve, tuttavia, fare i conti con la complessità di un contesto internazionale caratterizzato da una crisi geopolitica ed energetica e da una pandemia non ancora superata, sia con le prevedibili ripercussioni socioeconomiche su lavoratori, imprese, famiglie e territori prodotte dal passaggio verso un’economia a bassa intensità di emissioni carboniche.
La progressiva sostituzione dei combustibili fossili con energie rinnovabili è dunque un passaggio imprescindibile per la lotta al surriscaldamento globale, ma è fondamentale gestire il processo di transizione affinché non produca un aumento delle povertà e della disuguaglianza, innescando crisi occupazionali e aggravando la cosiddetta fuel poverty, a causa ad esempio del mutare del prezzo delle materie prime e dell’energia.
Non è una sfida facile, il rischio è di banalizzarla utilizzando due approcci, che risultano entrambi fallimentari.
Il primo è considerare la sostenibilità un’ideologia. Un’applicazione rigida e dogmatica che non fa i conti con la realtà e non si pone il problema di come gestire i cambiamenti che derivano dal modificare in modo così profondo, capillare e strutturale le logiche di sviluppo che sono alla base del funzionamento dell’attuale sistema economico e produttivo.
Il secondo, all’opposto, parte dalla convinzione che nulla si modificherà e che basti un intervento di maquillage per diventare sostenibili, senza mettere in discussione aspetti sostanziali della vita dell’impresa.
L’approccio che, dopo 20 anni di esperienza su questi temi, considero vincente punta invece a realizzare una transizione giusta tramite un processo graduale, partecipato e credibile.
Graduale, in modo che il cambiamento possa mettere radici profonde, senza lasciare indietro nessuno, ed essere effettivamente sostenibile, producendo effetti positivi sul benessere e i diritti delle persone, sulla lotta al surriscaldamento globale e sulla prosperità di famiglie, comunità e territori.
Partecipato, perché il cambio di modello richiede una visione condivisa e un’azione convergente da parte di tutti gli attori coinvolti – istituzioni, imprese e società civile, fino a raggiungere i singoli cittadini, – come ci ricorda l’Obiettivo 17 dell’Agenda 2030. La transizione verso un modello sostenibile richiede il ripensamento di scelte e comportamenti in chiave di corresponsabilità e nessuno può essere lasciato con il cerino in mano.
Credibile, perché è più che mai necessario accelerare l’embedding della cultura della sostenibilità all’interno di strategia e governance, policy e scelte di investimento, processi gestionali e comunicativi. Anche l’obiettivo della finanza sostenibile di adottare sistemi di misurazione e monitoraggio multidimensionali, capaci di restituire informazioni affidabili e confrontabili sulle performance ESG a tutti gli stakeholder – investitori, istituzioni, supply chain, consumatori e cittadini – va in questa direzione.
Realizzare nei fatti una Just Transition basata su questi presupposti è la missione di Refe – Strategie di sviluppo sostenibile, società che ho fondato ormai più di 16 anni fa, che affianca imprese e istituzioni per consolidare cultura, governance e management della sostenibilità e rafforzare il coinvolgimento informato e consapevole degli stakeholder.
Con il metodo Rendersi conto per rendere conto®️, aumentiamo la consapevolezza di come purpose e priorità strategiche si traducono in effetti e impatti tramite un solido e affidabile set di KPI ESG. Così è possibile alimentare una comunicazione di senso – credibile, verificabile e distintiva – sul valore prodotto e aumentare la qualità della relazione con i diversi stakeholder, reputation e vantaggio competitivo.
E se parliamo di transizione giusta non possiamo dimenticare il ruolo della digitalizzazione per la trasformazione delle nostre città, di imprese e istituzioni. In particolare, reporting e rendicontazione digitale creano un legame virtuoso tra comunicazione inclusiva, accountability e stakeholder dialogue, elementi centrali per governare in modo partecipato e consapevole la complessità di questa fase.